Faccia di cuoio
Drammaturgia e regia: Alessandro Gatto
Anno di produzione: 2011
Protagonisti: Sabrina Chiozzotto e Filippo Fossa
Fascia di età: da 11 in poi
Costumi: Irma Gabbolini
Durata: 60 minuti
Tipo di allestimento: teatro d’attore e videoproiezioni
Trama dell'opera: “Leatherface” - faccia di cuoio - è il protagonista della serie horror “Non aprite quella porta”, ma anche il modello grottesco ed irreale cui si ispira un giovane poco più che adolescente in un maldestro gioco personale. Gira per casa sporco di sangue artificiale brandendo in continuazione una sega elettrica e indossando una maschera di finta pelle. Cerca in questo modo l’ispirazione per trovare una propria identità senza rendersi conto che, viceversa, il percorso intrapreso lo dissocia completamente dalla realtà, dalla fidanzata e dalle relazioni sociali. Quando i vicini, insospettiti dai suoi strani atteggiamenti, chiamano la polizia lui non avverte il pericolo che incombe, anzi, il suo interesse per il gioco in atto si accresce. Per di più, anche la ragazza, divertita dalla particolare situazione, non riesce a dare il giusto peso alla circostanza né a distoglierlo dalla mascherata che perdura incessante fino all’improvviso ed inatteso colpo di scena che sancisce la fine dell’infelice sceneggiata.

Ma non preoccuparti ... domattina vado alla centrale e spiego tutto. Cosa mi faranno mai? È solo uno scherzo!


Note: L’opera si basa su un episodio reale accaduto in Germania negli anni ’90 che, partito come scherzo, si è trasformato in assurda ed inconcepibile tragedia. Affrontato in chiave ironica per tutto il suo svolgimento, tranne che nella sua inaspettata conclusione, il testo è un perfetto specchio del dramma che attanaglia i giovani nella società moderna che, in cerca di una propria dimensione, si appigliano a falsi miti e vuote iconografie per raggiungere quell’identità che li faccia sentire unici nonché necessari. Droga, alcol, velocità, fumo, trasgressione ad ogni costo sono quei pericoli che, mai avvertiti come tali, vengono usati come sfida e allontanamento da una vita “normale” e da quei valori sani e costruttivi sempre percepiti come inconsistenti. Se a ciò si aggiunge una marcata incapacità nel distinguere il limite definito dalla realtà e la conseguente confusione tra quest’ultima e la finzione - stato di cui il sistema mediatico è tra i principali artefici- il problematico quadro è completo. È, inoltre, curioso notare le similitudini tra la nostra storia e il mito di Icaro: entrambi i personaggi sono intrappolati in una prigione (fisica quella del labirinto di Icaro, mentale quella del nostro protagonista) dalla quale tentano una fuga mediante una modifica del proprio aspetto (le ali contro la maschera) finendo per smarrire non solo la propria identità ma anche la coscienza del limite e delle conseguenze delle proprie azioni. D’altro canto, un mito rimane tale solo perché irraggiungibile ed ogni percorso di imitazione non potrà essere altro che un percorso di distruzione.
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